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Inversotelia o capezzoli introflessi: quali sono le cause e i rimedi più efficaci.
Parliamo di inversotelia o più semplicemente di capezzoli introflessi quando la mammella, invece di terminare a punta, rientra verso l’interno. Il problema può essere presente fin dalla nascita, comparire durante la pubertà o in seguito a un trauma o un’infiammazione al seno. Si tratta di una patologia più comune di quanto si possa pensare, che colpisce donne e uomini. Può essere presente su solo un capezzolo o su entrambi, e generalmente non è pericolosa. È quindi possibile condurre una vita normale anche avendo i capezzoli introflessi o piatti, ma può essere un problema per una donna che voglia allattare al seno.
Un altro fattore problematico riguarda l’estetica, essendo comunque un’imperfezione l’impatto psicologico può essere notevole, soprattutto sulle donne. Convivere con uno o due capezzoli rientranti può essere difficile e spiacevole, quindi voglio rispondere subito alla domanda: “È una patologia che si può curare?” La risposta è assolutamente sì.
Il rimedio per trattare questa anomalia dipende da diversi fattori, tra cui il grado di introflessione del capezzolo: se il problema è lieve sono sufficienti semplici tecniche di manipolazione che, stimolando il capezzolo, lo spingono all’infuori. In caso di patologie più complesse, la soluzione migliore per correggere un capezzolo introflesso è l’operazione chirurgica.
La differenza tra un capezzolo normale e uno introflesso o invertito è che la parte finale della mammella, normalmente sporgente (all’infuori), rientra verso l’interno del seno.
Alcune persone nascono con uno o entrambi i capezzoli invertiti. In questo caso, l’origine della patologia è genetica. Questa malformazione della normale struttura della mammella può anche comparire nel corso della pubertà, quando i tratti sessuali dell’individuo si sviluppano. Anche in questo caso il problema si considera ereditario.
La causa più comune del capezzolo introflesso si attribuisce a dotti galattofori troppo corti. Questi dotti sono dei canali che collegano il capezzolo con i lobuli della ghiandola mammaria, trasportando il latte quando una donna è in fase di allattamento; non essendo abbastanza lunghi trattengono il capezzolo e lo costringono a rientrare. Per questo motivo il seno non termina a punta ma risulta invertito (rientrante).
In altri casi il fenomeno dell’introflessione può comparire in seguito a interventi chirurgici e la causa può essere un’infezione o un’infiammazione.
Avere un capezzolo introflesso non è di per sé pericoloso, ma può preoccupare una neomamma che desideri allattare naturalmente il proprio bambino, o una donna che pensa di avere figli nel futuro.
Una leggera introflessione non impedisce alla madre di allattare: si possono usare le dita per tirare indietro l’areola e far sporgere il capezzolo, così che il bambino possa poppare normalmente. In altri casi è possibile tirare fuori il capezzolo applicando alcune semplici tecniche di manipolazione e stimolazione, come quella di Hoffman. Si può sfruttare anche l’effetto del ghiaccio per stimolare il capezzolo a uscire dalla sua concavità.
Ci sono però casi in cui avere un capezzolo introflesso significa non poter allattare. Questo accade quando il grado d’introflessione è importante.
Prima di valutare qualsiasi procedura o trattamento per risolvere il problema di un capezzolo rientrante, è importante stabilire qual è il grado della sua introflessione. Questo si può capire realizzando una leggera pressione con pollice e indice ai margini dell’areola, spingendo verso l’interno, indicativamente per 2,5 centimetri dietro il capezzolo.
Quale reazione si osserva?
Vediamo i tre casi:
Se l’introflessione del capezzolo è lieve (grado 1) è possibile risolvere il problema con tecniche di stimolazione manuale. La tecnica di Hoffman è semplice ed efficace: si tira con delicatezza la pelle alla base del capezzolo contemporaneamente in direzioni opposte, prima in verticale e poi in orizzontale. Questo serve a rompere le aderenze presenti alla base del capezzolo, che sono il motivo per cui è rientrante.
Ruotare e tirare il capezzolo con costanza è un’altra tecnica di manipolazione che può aiutare a correggere il problema.
Esistono poi prodotti specifici per l’allattamento, come il tiralatte, le conchiglie per il seno e i paracapezzoli, che allungano il capezzolo all’esterno e lo mantengono eretto. Altri rimedi sono i modellatori di capezzoli, che agiscono come ventose, e le siringhe, a cui va tolta la parte con l’ago per sfruttare il principio dello stantuffo.
La soluzione migliore per risolvere il problema di un capezzolo piatto, quando non è possibile invertirlo con stimolazione o manipolazione, è la chirurgia correttiva.
L’idea di sottoporsi a un intervento chirurgico non deve spaventare, perché si tratta di un’operazione semplice e sicura, realizzata inday hospital, che si risolve in poco tempo e con anestesia locale. Il decorso post-operatorio è generalmente breve e il paziente torna alla sua vita normale nel giro di un paio di giorni.
Gli interventi di chirurgia plastica con cui si corregge il capezzolo introflesso sono 2:
Nei casi di inversotelia corretti chirurgicamente, l’interruzione dei dotti galattofori impedirà in futuro di poter allattare.
A cura del Dott. Pietro Campione
Medico Chirurgo
Specialista in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva
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